A caccia dei fondi Ue

Milano Finanza del 16.06.2013

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze sta studiando il modo di utilizzare i fondi strutturali europei destinati all’Italia a supporto di strumenti cosiddetti di «ingegneria finanziaria», definizione con la quale in realtà la Ue si riferisce a qualunque tipo di prestito e garanzia diverso dal semplice finanziamento a fondo perduto.

Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il dicastero di Via XX Settembre ha convocato un gruppo di lavoro composto da esperti del settore, il cui primo incontro è in programma per lunedì 17 giugno. Che il ministero stesse ragionando sul tema era risultato evidente dalle dichiarazioni di Carlo Monicelli, direttore delle relazioni finanziarie internazionali del ministero dell’Economia e membro del cda della Bei, che in occasione di un convegno a Milano nei giorni scorsi aveva detto che «la buona finanza può aiutare la crescita, ma per avere successo è necessario cercare di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, compresi quelli offerti dall’Unione Europea e dalla Bei. E per sfruttare al meglio interventi e strumenti bisogna fare sistema».

Quindi, ben venga la finanza a supporto della crescita delle imprese, ma strutturata in modo tale da poter attingere ai famosi fondi strutturali europei, che l’Italia tradizionalmente fa gran fatica a spendere. Un po’ per scarso coordinamento, ma anche per il fatto che i fondi Ue sono utilizzabili solo se i governi nazionali intervengono come co-investitori, il che per l’Italia in questo momento risulta un’operazione almeno complicata.
A tutt’oggi, quindi, dei circa 55 miliardi di euro utilizzabili dall’Italia per il periodo 2007-2013, a fine maggio ne erano stati utilizzati non più del 40%, contro una media europea del 51,8% (ma peggio dell’Italia in Europa hanno fatto finora solo la Repubblica Ceca con il 39,28%, la Bulgaria con il 38,77% e la Romania con il 25,33%). Il punto è che questi fondi devono essere assegnati entro fine anno per essere spesi entro il 2015, altrimenti si perdono. In gioco ci sono ancora ben 31 miliardi tra fondi Ue e cofinanziamento nazionale.

Non Inoltre, di quel totale soltanto 2 miliardi erano stati destinati all’ingegneria finanziaria, ma la cifra effettivamente utilizzata è stata molto inferiore. E adesso a Bruxelles si sta decidendo la nuova allocazione dei fondi strutturali ai Paesi membri per il periodo 2014-2020, con ciascuno dei Paesi che a sua volta deve decidere per quali progetti attingere alle risorse messe a sua disposizione. Da qui la necessità di ragionare anche su quali regimi di garanzia del credito e degli investimenti possano essere candidati a ricevere il contributo europeo e abbiano le maggiori chance di catalizzare gli investimenti privati, in modo tale da innescare un circolo virtuoso a supporto della crescita.

Una corposa ricerca promossa dalla Fondazione Rosselli in collaborazione con Gruppo Impresa, Unicredit e Università di Torino sull’efficienza e sostenibilità dell’intervento pubblico, che MF-Milano Finanza è in grado di anticipare, dimostra, numeri alla mano, che nel decennio 2003-2012 le amministrazioni regionali hanno attivato 245 regimi di garanzia per un valore complessivo di 2,6 miliardi di euro. Di queste misure regionali, parte sono finanziate dallo Stato, parte dal sistema delle Camere di Commercio e la gran parte (1,6 miliardi, cioè il 62% delle risorse) dall’Unione europea, tramite l’utilizzo dei fondi strutturali.

La maggior parte di questi 2,6 miliardi è stata poi assegnata dalle regioni a intermediari privati, in particolare ai Confidi (poco meno di 1,4 miliardi), mentre 712 milioni sono stati assegnati alle finanziarie regionali, al netto della quota di 184 milioni che le stesse finanziarie regionali hanno assegnato a loro volta ai Confidi. C’è però la questione di come vengono distribuiti nel tempo fondi pubblici e garanzie. Perché il criterio, sulla base dei risultati della ricerca, andrebbe certamente ripensato.

«La dinamica nel tempo delle risorse stanziate a favore di interventi a garanzia evidenzia un impegno medio annuo nel quinquennio precedente la crisi ( 2003-2007) di circa 100 milioni di euro», ha spiegato Marco Nicolai, direttore scientifico dell’Istituto per la finanza pubblica innovativa della Fondazione Rosselli, che prosegue: «Dallo scoppio della crisi e per tutti i due anni 2008-2009, sono state stanziate molte più risorse, per un totale di 1,1 miliardi di euro, più del doppio dell’intero quinquennio precedente e 6 volte l’impegno annuo di quel periodo. Va rilevato che nel 2009 risultavano attivabili le misure a valere sulla programmazione comunitaria 2007-2013, che per la prima volta hanno riconosciuto a livello regolamentare le misure di ingegneria finanziaria». Cioè soprattutto gli strumenti a garanzia del credito.

Tuttavia, ha aggiunto Nicolai, «nel triennio 2010-2012, nonostante la crisi non abbia mostrato segni di attenuazione e il credit crunch sia peggiorato, l’impegno annuo a favore di queste misure si è dimezzato, passando da 600 a 300 milioni». Quindi, conclude Marco Bortoli, consigliere di Gruppo Impresa, «la flessione delle risorse per le garanzie nell’ultimo triennio va corretta in modo da sostenere i Confidi che oggi, in un momento difficile, garantiscono l’accesso al credito per le imprese».

Di Stefania Peveraro

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