I fondi europei ci sono. In 7 anni dimenticati 22 miliardi di euro
Eco di Bergamo del 27.06.2014.
I soldi ci sono, eccome. Quasi 80 miliardi di euro, nove specifici per le Pmi solo in «Horizon 2020», il nuovo programma quadro dell’Unione europea per l’innovazione, e altri 2,3 sul programma Cosme per i finanziamenti per la crescita. Ma bisogna saperli intercettare, in una gara che finora ha visto l’industria del Centro-Nord Europa prendersi il meglio: questione di politici più attenti ai loro elettori, ma anche miglior organizzazione delle imprese.
La mancanza di coordinamento ha finora portato l’Italia a sprecare grandi opportunità. Nello scorso settennio l’Italia non ha usato dei fondi strutturali 22 miliardi di euro dei 47 stanziati e ne ha spesi solo 25 (52%), su una soglia minima di spesa stabilita dalla Commissione europea del 48,5% per cento. La Polonia e i Paesi Baltici sono arrivati all’80% di utilizzo dei loro fondi. Con i meccanismi di cofinanziamento, abbiamo perso (nel mezzo del ciclone della crisi) fino a 80 miliardi di possibili interventi nell’economia reale.
Per questo la Rappresentanza di Milano della Commissione Europea ha chiamato a raccolta le piccole e medie imprese al Palazzo delle Stelline per raccontare come si partecipa ai bandi e come si vince.
Due manager di Gruppo Impresa, Marco Tabladini e Luca Pellizzato, hanno spiegato a una platea di «piccole» ma anche di università e istituti di ricerca, come impostare il lavoro, mentre Nazarena Spinelli ha portato il caso di successo della Turboden, nata nel 1980 come spin-off del Politecnico, decollata con i fondi europei e arrivata a 180 dipendenti.
Per avere successo bisogna abbandonare l’improvvisazione e mettere in conto un lavoro sommerso di un paio d’anni. All’uscita del bando, tutto deve essere pronto, soprattutto il progetto e la cordata di partner internazionali affidabili. L’Europa premia i progetti replicabili in più Paesi e le imprese con buona reputazione.
I bandi prevedono tre step. Il primo, finanziato fino a 50 mila euro, per il progetto di fattibilità, il secondo per concorrere al finanziamento del progetto ( 100%fino al prototipo) e l’ultimo per la commercializzazione (70%). La filosofia di «Horizon 2020» sposta l’attenzione dalla ricerca di base all’innovazione e all’immissione sul mercato di prodotti/processi industriali d’avanguardia. Lo scopo è recuperare il gap scientifico e tecnologico del Vecchio Continente rispetto ai competitor americani e asiatici. È quindi adatta anche al tessuto economico italiano, fatto di piccole imprese che hanno buone idee ma non i capitali sufficienti a imporsi. Ai principianti i tecnici consigliano di dedicare tempo e risorse ai bandi: per chi vince, emergere nelle successive partecipazioni è più semplice, sia per le competenze acquisite, sia perché si formano club di aziende di affidabilità dimostrata ma anche percepita dai valutatori esterni. Tutte le procedure per partecipare sono espletate on line, come on line sono tutte le informazioni.
«Horizon 2020» punta per i prossimi sette anni specificamente al rilancio industriale (anche manifatturiero, da portare dal 15 al 20% del Pil) del continente, per creare ricchezza e lavoro usando come leva la ricerca scientifica e puntando alla gestione delle sfide sociali e ambientali. Un sesto del bilancio Ue è sull’industria: oltre gli 80 miliardi di Horizon ci sono i 100 miliardi di euro dei fondi regionali e il maggior supporto della Bei, la banca europea degli investimenti. Con i cofinanziamenti, afferma il direttore della Rappresentanza di Milano, Fabrizio Spada, si mobiliteranno per le imprese circa mille miliardi.
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